In seguito alla morte del marito, Maria Leonor, madre di due figli, è sopraffatta dalla difficile gestione della fattoria di famiglia in Alentejo e dallo stretto controllo del suo ambiente. Dopo mesi di profonda depressione decide di affrontare i suoi doveri di proprietaria terriera, ma il suo cuore continua a essere tormentato da un desiderio inestinguibile. Tra riflessioni sull'essenza dell'amore, sullo scorrere del tempo e sulle stupefacenti mutazioni della natura, la giovane vedova trascorre le notti insonne, spiando gli amori delle cameriere e soffrendo di solitudine fino a quando due uomini molto diversi irrompono nella sua vita e il suo destino inaspettatamente sembra prendere una nuova piega. Uscito nel 1947, La vedova è il primo romanzo di Saramago, pubblicato in Portogallo con il titolo Terra del peccato. Oggi, in occasione del centenario della sua nascita, quest'opera, scritta ad appena ventiquattro anni, viene pubblicata per la prima volta in italiano con il titolo originale. Ne "La vedova" ritroviamo il suo peculiare modo di guardare il mondo, la sua straordinaria forza narrativa e un personaggio femminile indimenticabile: c'è già tutto il grande scrittore che conosciamo. La follia, il peccato e l'ossessione della giovane vedova Maria Leonor, dilaniata tra passioni indomabili e obblighi sociali.
"Questo Viaggio in Portogallo è una storia. Storia di un viaggiatore all'interno del viaggio da lui compiuto, storia di un viaggio che in se stesso ha trasportato un viaggiatore, storia di un viaggio e di un viaggiatore riuniti nella fusione ricercata di colui che vede e di quel che è visto... Prenda il lettore le pagine che seguono come sfida e invito. Faccia il proprio viaggio secondo un proprio progetto, presti minimo ascolto alla facilità degli itinerari comodi e frequentati, accetti di sbagliare strada e di tornare indietro, o, al contrario, perseveri fino a inventare inusuali vie d'uscita verso il mondo. Non potrà fare miglior viaggio." Una "guida" anomala che va oltre la geografia di un paese amato, per addentrarsi nella psicologia di un popolo. Un invito a perdersi, più che a trovare la strada.
"L'autore si spiega" riunisce alcuni testi importanti di José Saramago sul proprio percorso. Dal rivelatore "Dalla statua alla pietra", scritto nel 1998 in occasione di un incontro all'Università di Torino, dove la metafora scultorea definisce le due grandi fasi della sua produzione - qui presentato da Pilar del Río e seguito da un saggio di Fernando Gómez Aguilera, uno dei massimi esegeti dell'opera dello scrittore portoghese - fino ai Discorsi di Stoccolma, pronunciati da Saramago al ricevimento del premio Nobel per la letteratura, e a una Autobiografia dove torna sulla sua traiettoria letteraria, punteggiandola con episodi chiave della sua vita che risalgono all'infanzia. Questi testi ci offrono non solo la visione dell'autore come punto di partenza per la comprensione di ogni suo libro, e per l'insieme della sua opera, ma anche una riflessione su questioni fondamentali, quali il rapporto tra vita e letteratura, che qui si rivelano come un vero esercizio poetico. Saramago racconta se stesso e ci regala una piccola guida per leggere la sua opera.
“La riverenza e la deferenza sono virtù perverse che facilmente possono convertirsi in soggezione e umiliazione”
Per le furibonde polemiche suscitate dalla pubblicazione del suo libro Il Vangelo secondo Gesù Cristo apparso nel 1991, José Saramago decise di trasferirsi, in una sorta di autoesilio, dal Portogallo a Lanzarote, nelle Canarie. Qui il grande scrittore lusitano comincia a tenere negli anni tra il 1993 e il 1997 una sorta di diario quotidiano, che andrà a confluire nei Quaderni di Lanzarote. Lettere indirizzate alla moglie Pilar, agli amici più stretti e agli scrittori incontrati nel corso di una vita letteraria, che hanno la forza di disegnare un vero e proprio universo sentimentale, dove traspare la sua vena più personale e riservata. Sono anni importanti nella sua evoluzione perché precedono di pochissimo l’attribuzione al suo lavoro del Premio Nobel (che avverrà nel 1998). Accanto alla presenza della moglie Pilar, trovano quindi spazio molte riflessioni sulla scrittura, senza certo dimenticare la bellezza del paesaggio, dell’isola di Lanzarote e delle Canarie. Una magica cornice per uno dei più grandi scrittori del secondo dopoguerra.
Il correttore di bozze Raimundo Silva si trova a revisionare la "Storia dell'assedio di Lisbona" del 1147, un libro che ricostruisce il tentativo del re Alfonso Henriques di riconquistare i territori portoghesi sottratti dai mori più di trecento anni prima, per dar vita così al futuro regno del Portogallo. Durante l'assedio passano da Lisbona i crociati, provenienti dal Nord e diretti in Terrasanta. Re Alfonso chiede loro aiuto nella conquista della città. Raimundo Silva, cedendo a un improvviso quanto inspiegabile impulso, aggiunge un "non" al testo originale. I crociati "non" aiuteranno i portoghesi; mutando così di segno la storia ufficiale del Portogallo con un semplice tratto di penna. Convocato dalla direzione, Raimundo si trova di fronte non solo il direttore editoriale ma anche una funzionaria mai vista prima, la dottoressa Maria Sara, colpita e affascinata dal suo gesto temerario. Anziché licenziarlo, lei lo incoraggia a scrivere una sua "Storia dell'assedio", sfidandolo di fatto a tenere fede al "non" da lui aggiunto con tanta audacia. Dopo un primo momento di comprensibile smarrimento, il revisore accetta la sfida...
A Cerbère, sui Pirenei Orientali, improvvisamente la terra si spacca, seminando panico e terrore tra gli abitanti. Non si sa per causa di chi o di che cosa, ma ben presto si crea lungo tutto il confine tra Francia e Spagna una frattura così profonda che la Penisola iberica resta disancorata dal continente europeo e, trasformatasi in un'enorme zattera di pietra, inizia a vagare nell'Oceano Atlantico, verso altri orizzonti e un ignoto destino. Sulla zattera, che rischia di speronare le Azzorre, i protagonisti sono costretti a fare i conti con la loro favolosa e fatale condizione di naviganti, in un clima di sospesa magia, tra eventi miracolosi e oscuri presagi. Le antiche rivali, Spagna e Portogallo, da sempre tenute ai margini dell'Europa, ora che non sono più vincolate a essa potrebbero dirigersi verso l'Africa e le Americhe, cui le lega un antico patrimonio comune di lingua e cultura. "La zattera di pietra" è la storia di questa incredibile e avventurosa navigazione, scritta con divertita fantasia e con una straordinaria invenzione di grandi e piccoli prodigi. In più, nella metafora delle due nazioni alla deriva, si può leggere in filigrana anche la riflessione sul mancato processo di integrazione europea, cui si contrappone un possibile nuovo mondo, il frutto di un'inedita solidarietà atlantica e di una nuova identità dei popoli iberici sganciati finalmente dai vincoli del Vecchio Mondo.
Artur Paz Semedo, impiegato di una storica fabbrica d'armi, le Produzioni Bellona SA., e intenditore di film bellici, viene profondamente colpito da alcune commoventi immagini de "L'Espoir", di André Malraux, cui assiste casualmente. La successiva lettura del libro, che pare già provocare un'impercettibile incrinatura nelle sue certezze di amante appassionato delle armi da fuoco, e, poco dopo, il suggerimento della ex moglie Felicia, una pacifista convinta, di investigare negli archivi dell'azienda per scoprire se le Produzioni Bellona SA. abbiano mai venduto armamenti ai fascisti lo avviano verso un'avventura che purtroppo non sapremo, pur potendolo immaginare da fedeli lettori di José Saramago, fin dove lo avrebbe condotto. Con uno scritto di Roberto Saviano e un'illustrazione di Günter Grass.
La vicenda è incentrata su un'onesta famiglia di poveri artigiani composta da Cipriano Algor, vasaio, la figlia Marta, e il genero Marçal, guardiano in prova presso il Centro, un luogo misterioso, fulcro di ogni attività economica e amministrativa. La vita procede normalmente, con il vasaio che consegna a scadenze regolari le sue stoviglie al magazzino del Centro, finché un giorno, inaspettatamente e senza alcuna avvisaglia che potesse far presagire qualcosa, il Centro annulla il suo ordine per le ceramiche di Cipriano, gettandolo nell'angoscia di un futuro improvvisamente fosco. A quel punto Cipriano e la figlia decidono di cimentarsi in un nuovo progetto da sottoporre al Centro: statuette d'argilla raffiguranti diversi personaggi. Contro ogni previsione, il Centro accetta, ordinandone mille e duecento...
Un elefante di nome Salomone attraversa a piedi mezza Europa, da Lisbona alla Spagna e poi da Genova fino a Vienna, come regalo di nozze di Joao III, re del Portogallo, all'arciduca austriaco Massimiliano II. L'episodio storico del XVI secolo fornisce lo straordinario innesco narrativo per José Saramago per creare una grande avventura in cui sono percorse le strade del continente al seguito di Salomone: eserciti bislacchi, prepotenti figure di sangue blu, sacerdoti che a seconda delle circostanze esorcizzano l'elefante oppure ne supplicano il miracolo, in un'età che passerà alla storia come quella della Controriforma, ma anche cavalli, buoi e contadini. Su tutti si staglia la figura di Subhro, il conducente oltre che amico dell'elefante, che con il suo straordinario acume riesce a cavarsela sempre per il meglio, deridendo ogni volta le inutili arroganze del potente di turno. Favola raffinatissima ma anche grande metafora della vita: qui Saramago ha buon gioco nell'esercitare il suo migliore umorismo e la sua ironia graffiante verso la burocrazia e la corruzione intrinseca di tutti gli uomini.
Un uomo ottiene dal re una caravella per partire alla ricerca di un'isola sconosciuta, che ancora non compare sulle carte geografiche. Alla ricerca si unisce la donna delle pulizie del palazzo del re. Una favola d'amore, sospesa tra realtà e sogno.
Una scrittura sensibile e delicata che racconta i suoni del vento e dell'acqua, materializza il greto argilloso del fiume e le tinte di una campagna disseminata di olivi. E poi restituisce i sogni e i colori della vita quotidiana di un ragazzino nel Portogallo degli anni trenta, e le prime esperienze sessuali dell'adolescenza tra piccole proibizioni ed episodi gustosi. Ecco i ricordi dell'infanzia e dell'adolescenza di Saramago, ma anche del suo cognome, bizzarramente affibbiatogli da un impiegato dell'anagrafe ubriaco. Il grande scrittore portoghese rievoca con mano sempre felice quei luoghi ormai spariti, non solo per l'inevitabile e corrosivo oblio del tempo, ma soprattutto per l'azione distruttrice degli uomini. Dal paese natio di Azinhaga, nel Ribatejo, fino ai primi anni nei quartieri popolari di Lisbona, è un Saramago intimo e personalissimo quello che appare in queste pagine. Tutte storie familiari, talvolta allegre ora commoventi, sui primi quindici anni di vita dello scrittore, vera e propria matrice sentimentale di tutti i suoi futuri romanzi.
Oltre a essere uno dei più grandi scrittori del nostro tempo, José Saramago è stato anche un acuto osservatore della realtà. Iscrittosi clandestinamente al Partito comunista nel 1969, nel periodo in cui il Portogallo era retto dal regime dittatoriale di Salazar, non ha mai abbandonato l’impegno politico, considerando la propria condizione di scrittore inscindibile dalla coscienza di cittadino. Sempre attento alle novità e interessato al confronto e al dialogo con il suo pubblico, non si è fatto cogliere impreparato dall’avvento del digitale e a quasi novant’anni ha aperto un blog, su cui ha scritto di tutto: dalle riflessioni sul futuro del pianeta ai propositi per il nuovo millennio, dai centri commerciali quali nuove cattedrali del consumo al laicismo come unica arma nei confronti delle ingerenze della chiesa cattolica nel nostro vivere quotidiano. Tratta di ciò che lo indigna, ma anche di ciò che ama e rispetta. Parla di poesia, di libri, di arti, di valori, e lascia spazio anche a ricordi e riflessioni più personali. Questo è l’ultimo quaderno che Saramago ha potuto scrivere, prima di morire, e di lasciare così un vuoto incolmabile nel panorama culturale europeo e mondiale.
“Viviamo in un mondo che sta andando di male in peggio e che umanamente non serve”